Come abbiamo visto nelle scorse pubblicazioni, il Covid-19 ha impattato su diversi settori real estate, con maggiore risonanza su alcuni comparti come il retail e l’hospitality. Proprio sul segmento alberghiero si è concentrata l’ultima survey svolta da World Capital, condotta durante la Fase 2 e sottoposta ad un campione di oltre 1.000 contatti hotels & hospitality, clusterizzati in 4 gruppi omogenei così suddivisi: investitori nazionali ed internazionali, investitori privati che investono in strutture alberghiere a reddito per diversificare il proprio portafoglio, proprietari alberghieri e gestori.
L’obiettivo dell’indagine è studiare l’evoluzione del sentiment degli operatori alberghieri e come questo possa influenzare le tendenze immobiliari dello specifico settore.
Ora siamo in piena Fase 3 e le prospettive, con la riapertura degli aeroporti, di alcune strutture alberghiere e con la ripartenza del turismo domestico, ma soprattutto con il decremento dei contagi, sembrano volgere in positivo.
A distanza di un mese dalla survey si apprezza un “forzato” miglioramento nella percezione dell’impatto della crisi e delle sue ripercussioni sul lungo termine, con conseguenze previsionali sul decremento del PIL, sui tempi di ripresa e di ritorno alla nuova normalità e sull’attrattività e Country Risk del Paese Italia.
Cosa pensano i player del mercato?
Nonostante il forte impatto dell’emergenza sanitaria sul settore hospitality, gli investitori sono ancora alla ricerca di nuove opportunità. Secondo i risultati della survey di World Capital ben il 53% sta valutando nuove opportunità di acquisizione, e quasi il 75% ha intenzione di investire entro la fine del 2022, poiché si prevede un ritorno alla situazione pre-Covid all’incirca entro i prossimi due anni.
A causa delle ingenti perdite che le strutture ricettive hanno dovuto affrontare in questi mesi, il 47% degli investitori si aspetta una maggiore aggregazione delle strutture ed una riduzione della frammentazione del mercato.
Per quanto riguarda le strategie di acquisizione, il 46,7% degli intervistati sta pensando di posticipare le operazioni di acquisto/sviluppo nel breve termine, mentre il sentiment è decisamente più positivo per quanto riguarda le operazioni a lungo termine.
Se da una parte gli investitori sono alla continua ricerca di nuove opportunità di investimento, i gestori e i proprietari si mostrano leggermente più conservativi per quanto riguarda le strategie di espansione dell’attività alberghiera. Il 38,5% degli intervistati infatti, ha deciso di posticipare le valutazioni di vendita e di acquisizione, mentre il 41% preferisce non sbilanciarsi nel fare una previsione. Il 41% dei gestori/proprietari che hanno partecipato all’indagine vorrebbe ricevere una proposta d’acquisto per la propria struttura, e quasi il 10% ha dichiarato che in seguito all’emergenza Covid-19 non riaprirà più.
Sia gli investitori che i gestori/proprietari si aspettano dunque un incremento dell’offerta immobiliare alberghiera sul mercato, con nuove opportunità di acquisizione interessanti a causa del calo dei valori immobiliari e degli affitti. Questo non significa offerte “predatorie”, ma proposte d’acquisto coerenti con la potenziale redditività della struttura, della location in cui è inserita e con il suo potenziale sviluppo immobiliare ove possibile.
Quali strutture guideranno la ripresa?
Le strutture drive-to-leisure e selected-service guideranno il recupero, insieme ad alloggi per studenti e alle opportunità di riconversione ad altre destinazioni d’uso per alberghi piccoli e oramai poco appetibili per il mercato.
La ripresa potrà essere definita tale quando le persone prenoteranno più voli e viaggi internazionali. Le riunioni di piccole dimensioni probabilmente torneranno più velocemente delle grandi conferenze a causa delle restrizioni di distanziamento sociale. Le città alternative (Torino, Bologna, Verona, Genova, Napoli) stanno avendo un appeal più interessante nel breve periodo per maggiore offerta di prodotto, ma le “Big 4” non smettono di attrarre l’interesse di brand internazionali perché meno rischiose in termini di performance nel lungo periodo.
Gli investitori sono concordi nel ritenere che l’attuale crisi avrà conseguenze importanti per i tenant. Sempre dai risultati della survey di World Capital per il 46,7% degli intervistati è prevedibile un differimento del pagamento degli affitti per agevolare i conduttori che si sono sempre dimostrati affidabili. L’incidenza degli affitti per i tenant varia tra il 20% e il 40%. Anche i proprietari sono consapevoli che la peggior cosa è proporre sul mercato in vendita un hotel chiuso.
Un’altra opzione è rinviare il contributo FF&E Replacement Reserve per utilizzarlo in tempi finanziari migliori. I fondi possono essere investiti per costi più urgenti come le buste paga o i costi aggiuntivi necessari per riaprire l’hotel. Il conto economico alberghiero è influenzato tra il 30% e il 45% dal costo del personale.
La forza maggiore è stata un argomento popolare e un grosso problema per la maggior parte degli albergatori. Differisce da paese a paese e da contratto a contratto. Mentre alcuni mesi fa, Covid-19 avrebbe potuto essere dichiarato potenzialmente imprevedibile, ora questo elemento diventa discutibile. In futuro, nella stipula degli accordi, la clausola di forza maggiore avrà un maggiore impatto.
Le aspettative rispetto al ritorno alla nuova normalità sono abbastanza eterogenee fra gli investitori, che sono però accomunati dalla convinzione che non vi sarà una corsa al disinvestimento nel Paese. Bisognerà aspettare il Q4 2021 per assistere a grandi movimenti di mercato.
Cosa accade intanto nel mercato?
Mentre il settore inizia a riaprire gli hotel in tutto il mondo, gli operatori del settore sono concordi nel ritenere che gli spazi devono essere modificati in base alla sensibilità post emergenziale con l’introduzione di nuove e più severe norme igienico sanitarie. Si aprono anche interessanti dibattiti legati alla scelta del pernottamento in zone più periferiche o in zone centrali e affollate, anche se la nostra percezione è che la location guiderà ancora la scelta nel lungo periodo.
Secondo Federalberghi, nonostante sia venuto meno il divieto di spostamento tra le regioni, solo il 40% degli alberghi italiani è attualmente aperto. E il 26,8% ha già deciso che rimarrà chiuso per tutto il mese di giugno. Secondo un’indagine condotta da Confindustria, invece, nei primi giorni della Fase 3 solo il 25% delle strutture alberghiere, di cui la metà intorno alle coste, ha riaperto. Il 20% delle strutture chiuse intende riaprire a fine giugno. Considerando un totale di oltre 33 mila strutture ricettive su tutto il territorio, il dato rimane preoccupante.
Per ISTAT, le perdite ammontano a 81 milioni di presenze (il 18% del totale annuale), nonché il 23% delle presenze annuali di stranieri che da soli avrebbero speso circa 9,4 miliardi di euro. Nel momento in cui l’intero settore alberghiero, capace di creare da solo oltre 27,6 miliardi euro di valore viene obbligatoriamente sospeso per mesi, e in uno dei momenti dell’anno in cui dovrebbe ottenere una parte sostanziosa dei propri incassi, valutare la capacità di resistenza delle strutture coinvolte diventa fondamentale.